10 marzo 2010

Real estate, si gioca la carta dell'ottimismo

Negli Usa però resta il rischio sugli immobili commerciali. Preoccupa la Cina.

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Marco Caprotti | 09-03-10
Gli investitori provano a dare fiducia al mercato immobiliare. L’indice Msci del settore a livello mondiale nell’ultimo mese (fino all’8 marzo e calcolato in euro) ha guadagnato il 9,34%. L’osservata speciale resta l’America, considerata la pietra di paragone per il mattone mondiale, non fosse altro perché da lì è partita la tempesta del real estate che si è trasformata in un uragano che ha colpito tutte le Borse mondiali “Gli operatori negli Usa stanno approfittando del calo dei prezzi dell’edilizia residenziale che, negli ultimi due anni, sono scesi di circa il 40%”, spiega una nota di Morningstar. “C’è poi l’intervento degli esteri, che stanno approfittando della debolezza del dollaro per comprare casa negli Stati Uniti. La situazione, però, è ancora confusa”.

In effetti, se si guardano gli ultimi dati del settore, lo scenario è tutt’altro che chiaro. I nuovi cantieri hanno fatto registrare in gennaio un aumento del 2,9% arrivando al livello più alto dal luglio scorso. Il paniere S&P Case Shiller (che rileva l’andamento dei prezzi di vendita delle abitazioni nelle prime 20 aree metropolitane del Paese), nel frattempo ha segnato a dicembre una contrazione pari a -0,2% su base mensile e -3,1% su base annuale. Inoltre, nel mese di gennaio le compravendite sono scese del 7,6% su base mensile.

Un altro problema è rappresentato dal rischio di collasso dell’edilizia commerciale. Secondo un rapporto preparato dal Congresso Usa e intitolato “Commercial Real Estate Losses and the Risk to Financial Stability” (Perdite nel settore immobiliare commerciale e rischi per il sistema finanziario), nei prossimi quattro anni più di 1.400 miliardi di dollari in prestiti arriveranno a scadenza. Per allora metà degli immobili potrebbe essere underwater: il loro valore, cioè, sarà inferiore a quanto dovuto dal debitore. Uno studio della società di consulenza Real Capital Analytics (RCA), dice che a fine dicembre 2008, 203 miliardi di asset nel settore immobiliare commerciale americano erano troubled. Un termine con cui si indicano quelle proprietà che, pur operando normalmente, hanno problemi finanziari o sono nel mezzo di una ristrutturazione dagli esiti incerti. “Il rischio che questi asset pongono al sistema finanziario è concreto”, dice il report di RCA. “I prestiti che le banche erogano per questo tipo di immobili sono molto più alti di quelli per le case e sono considerati come la causa di un possibile di default degli istituti finanziari”.

Un altro allarme bolla potrebbe arrivare dalla Cina. Secondo gli ultimi dati rilasciati dal governo, nel 2009 gli investimenti nel real estate sono cresciuti di oltre il 16% rispetto al 2008, arrivando all’equivalente di 387,7 miliardi di euro. I prezzi, intanto (calcolati in 70 città), sono aumentati del 9,5%, il livello più alto degli ultimi due anni. Tutti numeri che hanno fatto pensare ad alcuni operatori che la corsa del mattone made in China possa presto arrivare allo stop. Il ministero delle costruzioni del Paese, tuttavia, ha precisato che la situazione è “sotto controllo” e che dal mercato “arrivano segnali positivi”.

Per quanto riguarda l’Europa, intanto, gli investitori continuano ad osservare quello che succede in Inghilterra, un mercato che di solito anticipa le tendenze del resto dell’area. Secondo l’ultimo rapporto della Bank of England, il settore immobiliare britannico sta perdendo un po’ di gas a causa delle elezioni politiche che si terranno a giugno, di un aumento sulle tasse di compravendita e di un inverno particolarmente rigido. Tutti elementi che, sommati alla difficoltà con cui ancora le banche erogano i mutui, non spinge gli inglesi a comprare casa.

In questa situazione alcuni operatori consigliano di mettere in portafoglio porzioni di real estate, anche se aggiungono che bisogna avere pazienza. “In Europa le valutazioni sono ormai arrivate ai minimi e il costo del denaro è ancora a livelli storicamente bassi”, spiega uno studio di Aviva Investors. “Non ci aspettiamo, comunque, una ripresa rapida. L’elemento importante, è il ritorno alla stabilità del settore”.
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