05 novembre 2009

Un archivio delle lingue perdute. "Solo le grandi sopravviveranno"

Ogni volta che una lingua cade in disuso muoiono tradizioni, saperi, opere d'arte. Negli ultimi anni l'attenzione dei linguisti si è concentrata sulla salvaguardia degli idiomi a rischio e l'opinione pubblica ha conosciuto le storie di persone rimaste le uniche depositarie di un modo di esprimersi che non ha più interlocutori. Al di là della denuncia sui pericoli di una globalizzazione linguistica, è ora il momento di agire praticamente, per preservare lessico e morfologia degli idiomi in via di estinzione. Per questo, la prossima settimana nell'Università dello Utah alcuni tra i maggiori esperti del settore si riuniranno per discutere le ultime ricerche sul campo e soprattutto per presentare il primo strumento pratico per combattere la scomparsa delle lingue.

Ancora una volta è la più globale delle tecnolgie a venire in aiuto ai saperi del passato: la National Science Foundation ha infatti finanziato la creazione di un sito web di informazione sulle lingue a rischio, in cui confluiranno dati, catalogazioni e le ultime ricerche del settore. "Una lingua non è fatta soltanto di parole e grammatica - spiega Anthony Aristar, linguista della Eastern Michigan University, uno degli atenei statunitensi promotori del workshop e del database online - è una rete di storie che collegano tutte le persone che una volta usavano quella lingua, ha in sé tutte le cose che quelle persone facevano insieme e tutte le conoscenze che la comunità linguistica lasciava ai suoi discendenti. La morte di una lingua è come la morte di una specie, con essa si perde un anello della catena e tutto ciò che quella parte significava per il tutto".

"La linguistica è una delle discipline che studiano i nostri meccanismi cognitivi - rincara Lyle Campbell, dell'Università dello Utah - ci mostra come funziona la nostra mente, come elabora informazioni e stabilisce connessioni. Se perdiamo, per esempio, il 50 per cento delle lingue dell'umanità perderemo anche la stessa porzione di abilità cognitive. Sarebbe una tragedia immane". Il database delle lingue perdute non servirà soltanto a catalogare gli idiomi più a rischio, il numero di parlanti una data lingua e a preservare lessico e grammatiche, ma sarà anche e soprattutto uno strumento finanziario. La raccolta dei dati servirà a enti finanziatori quali la National Science Foundation per concentrare le risorse sugli idiomi che corrono i maggiori pericoli. "Mentre una lingua è ancora in vita - osserva Aristar - c'è sempre speranza di poter tramandare qualcosa ai posteri. Se non faremo questo lavoro, ci sarà un momento in cui le uniche culture rimaste saranno quelle espresse nelle "grandi" lingue: inglese, spagnolo, cinese e arabo".

Il problema dell'estinzione linguistica non è nuovo. Si calcola che negli ultimi 500 anni si siano perse la metà delle lingue del mondo. Ciò che però è tipico dei nostri tempi è la rapidità con cui tali estinzioni avvengono, poiché i linguisti prevedono che nei prossimi 100 anni circa il 90 per cento dei 7000 idiomi del mondo non esisterà più. "La saggezza dell'umanità è codificata nei linguaggi - conclude Campbell - prendete ad esempio le conoscenze dell'erboristeria: ci sono corteccie di alberi che possono aiutare a prevenire malattie importanti come il cancro e l'Aids, ma il nome dell'albero e il sapere ad esso associato vanno perduti quando una lingua si estingue". In quella che i linguisti hanno definito "una immane tragedia" c'è però una speranza: "Se preservaremo anche poche informazioni su un idioma estinto avremo le basi per ricostruire relazioni e connessioni andando indietro nel tempo di migliaia di anni, grazie anche alla comparazione e unione di dati di carattere archeologico e storico - è la convinzione di Campbell - Il database elettronico sarà lo snodo fondamentale per condividere le informazioni, il primo passo per mettere al sicuro quel che ci resta delle lingue a rischio".


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